INFO
cecilia.cametti@comune.lodi.it – museocivico@comune.lodi.it
Informazioni generali
Corso Umberto, 63 – 26900 Lodi (LO)
Tel. 0371 409381/430
Orari: il museo è temporaneamente chiuso e in attesa di riallestimento. Al momento non è possibile prevedere la data di riapertura.
Prezzi: ingresso gratuito
Cenni storici – Itinerario di visita
Il museo civico di Lodi fu costituito nel 1868 con lo scopo di raccogliere e conservare i reperti archeologici rinvenuti nel territorio di Lodi Vecchio e i dipinti di scuola lodigiana provenienti dalle chiese o dalle raccolte cittadine. Fortemente voluto dalla locale Deputazione Storico Artistica, fu inaugurato nel settembre del 1869 con la denominazione di Museo storico-artistico.
Inizialmente la collezione ebbe un carattere assai composito: archeologica, pittura di scuola locale lodigiana, miniatura, iconografia storica, raccolta d’armi antiche e moderne, ceramica. In seguito alla revisione del 1954, il museo venne ad articolarsi in una Pinacoteca e nelle sezioni archeologica, ceramica e risorgimentale. La Pinacoteca ha il pregio di offrire un variegato panorama di opere che vanno dal Trecento al Novecento. Per il secolo XV i documenti più importanti sono un ciclo di affreschi di Matteo e Giovanni della Chiesa e gli intagli lignei di Ambrogio e Pietro De Donati. La cultura pittorica cinquecentesca lodigiana è rappresentata soprattutto dall’officina dei Piazza con opere di Alberto, Martino e Callisto, che tra il 1530 e il 1580 ottiene in città le principali commissioni. Il nucleo di opere del Sei-Settecento annovera opere di Camillo Procaccini, Carlo Francesco Nuvolone, Pier Ilario Sploverini. Ben rappresentata è la pittura di argomento storico- letterario con opere di Pelagio Palagi, Giuseppe Diotti, Francesco Hayez. Gli artisti lodigiani, quali Mosè Bianchi da Mairago, Angelo Pietrasanta e Osvaldo Bignami, pur senza abbandonare il filone storico imperante, ne aggiornano i modi. La generazione successiva di pittori quali Enrico Spelta, Giuseppe Vaiani e Carlo Zaninelli rielaborano i generi del ritratto, del paesaggio e della natura morta.
La collezione delle ceramiche è costituita da reperti di scavo pertinenti ai secoli XV-XVII, appartenenti a fabbriche lodigiane, pavesi e ad altri centri del nord d’Italia, e documenta in maniera esauriente l’evolversi di questa tecnica artistica dal ‘700 al ‘900, con i più̀ significativi esemplari di ceramiche lodigiane prodotte in quegli anni. Le principali scuole di ceramica fiorite a Lodi appartengono ad Antonio Maria Coppellotti, Giorgio Giacinto Rossetti, Simpliciano e Giacinto Ferretti e ai Dossena. Fondatore della fabbrica Coppellotti fu Giovanni (1641) attivo fino al 1687; a lui successe Antonio Maria, ricordato nel 1712. Nei caratteri della loro maiolica sin dai primi del ‘700 si ritrova il monocromo turchino, il decoro all’italiana con motivi di rovine e fiori, quello alla francese, il ricorso alla cineseria ed infine la cottura a gran fuoco; verso il 1735-40 fu introdotta nella produzione la policromia. La produzione ottocentesca è dominata dalla fabbrica dei Dossena, che si caratterizza per gli smalti lucentissimi e indelebili e per un decoro eclettico e vario, spaziando dai piatti alle statuette, dai servizi da tavola alle giardiniere.
Il materiale archeologico è pertinente a nuclei collezionistici ottocenteschi, a reperti provenienti dal territorio, rinvenuti nel corso dell’800 e quelli frutto di più recenti rinvenimenti. Si segnalano le epigrafi della collezione Pontano, che andò a costituire il primo nucleo della raccolta. Reperti dell’età del bronzo, per lo più di provenienza emiliana, in parte pertinenti alla collezione di Luigi Pigorini, in parte dono dello stesso Pigorini e di P. Strobel. Corredi di tombe romane a cremazione rinvenuti nell’800 in località Cassinetta di Tavazzano, il corredo della tomba longobarda da Dovera, reperti magnogreci ed etruschi; questi ultimi parte della collezione Ancona-Martani, parte della collezione Perla.
Al presente, il Museo, che svolge il suo compito di conservazione, tutela e valorizzazione del patrimonio anche nei confronti di opere collocate in deposito esterno in chiese e uffici pubblici, è chiuso in attesa della disponibilità della nuova sede.