INFO
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Informazioni generali
Via Giuseppe Monti 47, presso il Palazzo Comunale – 20078 San Colombano al Lambro (LO)
Tel. 0371 2931 (centralino) – Tel. 0371 293219 (Ufficio Cultura) – Fax 0371 897965
Orari: su appuntamento, dal lunedì al giovedì dalle ore 9 alle 12.30 e dalle 15 alle 17; il venerdì dalle 9 alle 12.30.
Visite guidate: ogni prima domenica del mese da Aprile a Ottobre (escluso Agosto) dalle ore 10 alle 12 e dalle 15 alle 18 oppure, previa prenotazione, in giorni e orari da concordare.
Cenni storici
La singolarità geografica e geologica del Colle di San Colombano ha sempre interessato ricercatori scientifici e semplici appassionati di geologia, paleontologia ed archeologia. Il documento più antico sullo studio del Colle è datato 1593, ad opera dell’abate Castiglione il quale citava l’esistenza di conchiglie marine che si trovano nella collina di San Colombano. Dal XVII secolo, fino agli anni ’50 del Novecento, il Colle fu meta dei più autorevoli ricercatori delle Scienze della Terra. L’antico mare ancora oggi ci restituisce la testimonianza della sua presenza. In alcune zone del Colle è sufficiente il piccolo scasso del suolo per la piantumazione della vite, per far emergere magnifici esemplari di conchiglie ottimamente conservati. Alcune concentrazioni di questi depositi conchigliari raggiungono il ragguardevole spessore di tre metri e, nei secoli scorsi, hanno dato vita ad una vera e propria attività estrattiva del carbonato di calcio per uso edilizio. Il ricordo di questa attività estrattiva è riportato nella toponomastica locale; infatti, in collina, troviamo una zona che si identifica, ancora oggi, come calcinera. È documentato che anche le famose fabbriche lodigiane Morsenchio, Ferretti, Rossetti (secolo XVIII), per lo smalto delle loro preziose ceramiche si avvalessero delle sabbie bianche del Colle banino. Dell’attività estrattiva abbiamo anche una autorevole testimonianza dello studioso abate Antonio Stoppani che cita il sito di San Colombano nel suo lavoro Studi geologici e paleontologici sulla Lombardia (Milano, 1857). Molti reperti fossili dell’antico mare qui raccolti hanno arricchito collezioni pubbliche e private (Museo di Storia Naturale di Milano). Anche San Colombano dal 1927 custodisce una pregevole collezione di reperti fossili dell’antico mare visibile al Museo Paleontologico e Archeologico Virginio Caccia, ubicato nella prestigiosa sede di Palazzo Patigno. Le collezioni paleontologiche ed archeologiche qui conservate, sono un eccezionale ausilio alla conoscenza delle origini e della storia di questo unico fenomeno naturale padano, qual è il Colle di San Colombano e il suo antico mare.
Criteri espositivi – Itinerario di visita
La collezione, ospitata nello storico Palazzo Patigno, presenta una sezione paleontologica e una sezione archeologica. La disposizione delle vetrine è ordinata cronologicamente: nella prima sala, detta degli invertebrati, due grandi pannelli illustrano il calendario geologico, il primo riporta la datazione dall’Archeano fino ai giorni nostri con un particolare riferimento all’area del Colle. Si inizia la visita con l’osservazione della vetrina dei tipi litologici; qui sono custodite tre zolle che identificano le diverse conformazioni stratigrafiche del sottosuolo banino, in tutte e tre è possibile notare una ricca presenza di fossili marini. Seguono la vetrina dei dedicata ai gasteropodi e quella dei molluschi marini tra i quali scafopodi, echinodermi, anellidi e la particolarità delle faune nane. La quarta vetrina presenta i lamellibranchi o bivalvi. Nella quarta vetrina, interessante è la presenza dei pettinidi tra i quali il sorprendente Pseudamussium septemradiatum, indicatore dei climi freddi. La quinta vetrina presenta residui di lavaggio contenenti abbondante microfauna a foraminiferi prevalenti. Con la sesta vetrina entriamo nella seconda sala, detta dei vertebrati: qui si osservano i frammenti di mammiferi diffusi nella Pianura Padana durante il Pleistocene. La settima vetrina conserva una porzione di calotta cranica e parte di una mandibola senza denti di Homo sapiens sapiens. L’ottava vetrina è dedicata al rinoceronte Stephanorhinus hemitoechus, custodisce il cranio pressoché completo ed un omero di una specie oggi estinta. La nona vetrina è dedicata al Bostaurus mentre la decima è dedicata all’elefante, la testimonianza della presenza di questo grosso mammifero è data dal rinvenimento di un frammento di molare e di una porzione di zanna. L’undicesima vetrina conserva frammenti di cranio con corna incomplete e una cavicchia con frammento di cranio di Bison priscus. Con la terza sala si entra nella sezione archeologica, la prima vetrina ospita la ricostruzione di una tomba ad inumazione di epoca tardo romana, detta alla cappuccina. Sono altresì conservati materiali da costruzione (tegole, coppi, mattoni ed un anfora) di epoca romana.
La quarta sala ospita, nella prima vetrina, monete di bronzo e un’olletta di ceramica decorata, entrambe di epoca romana. La seconda vetrinetta conserva una spada, un pugnale di tipo svizzero, in uso comune a molte fanterie dal 1300 fino al 1500. Nella terza vetrina sono conservati alcuni vasi in ceramica e un’olla levigata a stecca quasi tutti integri databili alla prima metà del I sec. a.C.
Nella terza vetrina si possono osservare vasellami di tradizione romana. La quarta ed ultima vetrina raccoglie diversi materiali, tra questi i resti di una grande olla cineraria, un piccolo frammento di pavimento a mosaico ed un’antefissa in terracotta.
Il materiale in esposizione permette una piacevole ed affascinante lettura dell’evoluzione e delle vicissitudini del territorio collinare, che dalla notte dei tempi si sono alternate fino ai giorni nostri.